Carbon footprint: activity-based oppure spend-based?

Quando un’azienda misura la sua impronta di carbonio (carbon footprint), deve decidere come quantificare le emissioni. Due approcci molto usati sono l’activity-based method e il spend-based method. Ognuno ha pro e contro, e spesso si usa una combinazione ibrida.

Cosa sono i due approcci

  • Spend-based method: si basa su dati finanziari. Si prende quanto l’azienda ha speso per beni e servizi (es. “ho pagato €1.000 per materiali, €500 per servizi”, ecc.), e si moltiplica ogni voce per un fattore di emissione che associa emissioni medie per unità di valuta (kg CO₂e per euro, ad esempio). È un metodo top-down, più semplice da applicare quando non si hanno dati operativi dettagliati.

    Utile per una fotografia macro, meno adatto a guidare scelte di design di prodotto o ottimizzazioni di processo.

  • Activity-based method: usa dati reali o fisici relativi alle attività: litri di combustibile consumati, chilometri percorsi, kWh di elettricità usata, chilogrammi di materiale impiegato, tonnellate di merci trasportate, e così via. Si moltiplica la quantità fisica per un fattore di emissione specifico per quell’attività (es. kg CO₂e per litro o per km). È più accurato ma richiede più dati, organizzazione, e spesso tempo.

    Collega le emissioni a dati fisici (BOM/distinta base, cicli macchina, rese, scarti, trasporti): esattamente le leve su cui R&D e Operations possono intervenire.

Quando usare uno o l’altro (o entrambi)

  • Il spend-based è utile quando inizi a misurare l’impronta: serve per avere una stima generale, identificare gli “hotspot” (le categorie che presumibilmente generano più emissioni), e quando non hai facile accesso ai dati operativi o dai fornitori. È veloce, richiede meno sforzo e meno costi iniziali.

  • L’activity-based è preferibile quando vuoi precisione, quando devi fissare obiettivi di riduzione credibili, quando vuoi monitorare miglioramenti specifici, o quando gli stakeholder (investitori, normative, clienti) richiedono dati più certi. È più adatto per Scope 1 e 2, e per Scope 3 nelle categorie dove puoi raccogliere dati operativi. Nei contesti manifatturieri consente KPI di prodotto (es. kg CO₂e/pezzo o per lotto/variante) e confronti make vs buy su basi tecniche.

Limiti, rischi e compromessi

  • Il metodo spend-based può essere meno accurato, perché usa medie: non tutto il denaro speso ha la stessa intensità di emissione. Questo può portare a sottostime o sovrastime.

  • Prezzi o inflazione possono influenzare il calcolo: se il prezzo di un bene sale, il metodo spend-based segnalerà più emissioni anche se l’effettivo impatto fisico non è cambiato.

  • L’activity-based richiede che i dati siano affidabili, aggiornati, e spesso coinvolge molti reparti o fornitori. Raccoglierli può essere costoso e richiede sforzo organizzativo. Lo sforzo dati rientra perché gli stessi dataset alimentano LCA/EPD, obiettivi di ecodesign e roadmap di riduzione per prodotto.

Quale scegliere per net positive e perché

Per un’azienda che vuole iniziare e non ha ancora dati operativi completi, partire con spend-based può essere una via pragmatica: permette di avere una prima visione, capire dove sono le categorie con il maggior impatto, e iniziare a pianificare.

Man mano che l’azienda cresce, o se vuole migliorare la credibilità (verso investitori, banche, stakeholders), è strategico spostarsi verso l’activity-based almeno per le categorie principali (energia, trasporti, materiali, viaggi, ecc.). Un approccio ibrido è spesso la soluzione migliore: spend-based per le categorie dove dati reali sono difficili da ottenere, activity-based dove è possibile.


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